Haran, il capoclan

È l'alba. I primi raggi di sole gettano uno sguardo sulle capanne del villaggio, dove le famiglie sono già in piena attività. A giorni, infatti, si terrà il rito di ringraziamento dedicato alla divinità solare e tutti sono impegnati nella raccolta o nella preparazione delle offerte.
Gli uomini, in particolare, si stanno organizzando per una battuta di caccia e la cattura di alcune prede da destinare all'offerta votiva; anche tu sei indaffarato a dare gli ultimi ritocchi al nuovo arco; manca solo qualche leggera levigatura e il cordino da stendere. Sei così concentrato sul lavoro che non ti accorgi dell'arrivo di Narvig e quando ti saluta, appoggiando la mano sulla spalla, hai un attimo di esitazione.
"Ti disturbo se mi siedo accanto a te?", chiede con sguardo pensieroso. È solitamente un ragazzo tranquillo e se oggi sembra turbato ci deve essere un buon motivo. Lo conosci sin da quando aveva pochi anni, da quando per un incidente in montagna perse i genitori e decidesti di tenerlo in famiglia e di crescerlo assieme agli altri figli.
Lo saluti con un abbraccio e notando del rossore sul polso causato da un nuovo tatuaggio, gli chiedi se fa male.
L'ara dei sacrifici e il Sacro fuoco si trovano su un promontorio a poca distanza dal villaggio. In quel luogo, quando lo sciamano farà risuonare i tamburi all'alba, si ritroveranno tutti i clan della valle per venerare il sacro astro.
Una volta giunti sull'altura, con la divinità di fronte al Sacro fuoco, le famiglie cominceranno il rito di ringraziamento per l'abbondante raccolto di grano e per la vita concessa a tutti gli esseri viventi sulla terra; all'evento ognuno cerca di prepararsi con impegno, perché maggiore sarà il valore dell'offerta da sacrificare e maggiore sarà il riconoscimento della divinità verso quella famiglia.
Sono questi i giorni di maggior preoccupazione perché nell'aria si percepisce una certa tensione. Narvig si sente molto coinvolto da questa situazione e cerchi di capire il motivo della sua visita.
Come preferisci proseguire?
Ti alzi e lo segui anche se vorresti finire prima il tuo lavoro. Hai già convocato a riunione i cacciatori e non vuoi arrivare in ritardo all'appuntamento, proprio tu che sei il capo. Per fortuna l'ascia e lo zaino sono già pronti.
Decidi di seguirlo, ma appena siete usciti dal villaggio, ti viene in mente che Arkei, la tua compagna, ti sta aspettando al campo per la raccolta di grano da portare alla cerimonia. Sei costretto a salutare Narvig e a tornare indietro.
Narvig insiste perché tu lo segua sino al Grande Fiume. Ci vuole più tempo del previsto per arrivare sin laggiù, ma spinto dalla curiosità, decidi di accontentarlo.
Appena vi siete allontanati un po', Narvig comincia a raccontare: "Alcuni giorni fa ho visto Isor prendere il sentiero di montagna di buon mattino. Sin qui nulla di strano se non mi fossi accorto che era senza armi. Un cacciatore non lascia mai il villaggio senza portare con sè almeno l'arco. Si guardava attorno con aria sospetta, come se avesse paura di essere seguito. Allora sono salito sulla vecchia quercia e ho osservato i suoi movimenti. Mi sono accorto che stava accatastando tronchi e pietre sulla rupe che sovrasta la tua capanna. Alcuni pali conficcati nel terreno bloccano la caduta dei sassi, ma basterebbe un colpo ben assestato per far precipitare tutto a valle, simulando una frana."
Il racconto del giovane ti lascia molto sorpreso perché non pensavi che si potesse arrivare a tanto. "Devi stare attento, Haran! - prosegue - Quel ragazzo è una persona irascibile e violenta! È capace di far qualsiasi cosa pur di prendere il tuo posto. Ora però devo salutarti. Gli amici mi aspettano per andare a caccia!", conclude Narvig e, abbracciandoti forte, torna verso la capanna.
Raggiungi Arkei al campo per informarla del pericolo imminente. Pensate che la cosa migliore sia quella di abbandonare il villaggio di notte per non destare sospetti e di prendere due sentieri diversi: tu salirai lungo il Sentiero del rame, verso il valico, mentre Arkei si sposterà a sud e raggiungerà il Clan della Conca, dove dimora la sorella.

La luna piena illumina il sentiero che porta alla fonte, dove potrai riposare un po' e attendere che il sacro astro torni a illuminare i prati. Prima di riprendere il cammino getti lo sguardo su quel meraviglioso prato attraversato dal ruscello e il pensiero corre a chi ti vuole uccidere.
Raggiungi l'estremità del pianoro per osservare per l'ultima volta il villaggio dall’alto e noti che i timori di Narvig erano fondati. Un gruppo di persone sta lavorando attorno alla tua capanna, o meglio a quello che resta. Una frana l'ha completamente distrutta! Poi vedi distintamente una persona risalire lungo il Sentiero del rame. È Isor! Quasi sicuramente è in fuga.

Senti le marmotte lanciare i tipici fischi di allarme; sono animali sacri alla divinità solare e sono così timidi che appena ti vedono spariscono rapidissimi sotto le pietre. Solo una di loro rimane all'esterno a osservare i tuoi spostamenti. Si tranquillizza poco dopo nel vedere che il tuo cammino prosegue oltre e che non avevi brutte intenzioni.
Raggiungi un rifugio di pastori quando il vento freddo del tramonto comincia a scendere verso valle, portando con sé l'acre profumo di pino mugo.
Quel pezzo di carne secca scaldata sulla fiamma e un po' di focaccia è quanto di meglio ci possa essere dopo un giorno di cammino. Alcuni fischi di marmotta ti mettono in guardia e quando sporgi il capo dall'ingresso per capire di cosa si tratta, una freccia ti sfiora i capelli.
Sei in pericolo! Meglio abbandonare la capanna; lì saresti in trappola!
Esci di corsa e cerchi riparo tra alcuni grossi massi appoggiati a vecchi larici, ma non fai in tempo a chinarti che da dietro ad un albero sbuca Isor, brandendo l'ascia che dalla fretta avevi abbandonato nel rifugio. Ti sferra un violentissimo colpo al petto.
Un urlo di dolore irrompe nella valle. Le gambe si piegano. Gli occhi si chiudono. La Signora della Vita sta arrivando a prenderti.
È stata una scelta sbagliata perché Isor quando arriva al pianoro percepisce la tua presenza e viene a mancare la sorpresa.
Esci dal nascondiglio e affronti l'avversario, sferrandogli un colpo d'ascia al braccio ma la sua pronta reazione ti costringe a indietreggiare. Purtroppo una pietra sul terreno ti fa perdere l'equilibrio.
Un dolore lancinante ti prende al braccio. Senti girare la lama del pugnale e quando istintivamente porti la mano sulla ferita, un altro colpo ti ferisce allo stomaco.
Non hai scampo. Altri micidiali colpi ti tolgono ogni capacità di reagire. Poi pian piano si fa buio. La Signora della Vita ti accoglie nel suo mondo.

Prima di raggiungere Arkei, devi passare alla capanna a prendere i cesti dove mettere le spighe di grano, ma appena hai varcato la soglia, ti accorgi che qualcuno deve essere entrato durante la tua breve assenza.
Nel locale c'è una certa confusione e ti accorgi subito della sparizione del vostro talismano, un antico oggetto sacro ereditato dagli antenati, in grado di portare forza ed energia alla persona che lo indossa.
Sul pavimento, semicoperto dal terriccio, trovi un pendaglio con l'immagine di una figura votiva. A chi apparterrà? Nel villaggio solo le donne di rango sociale più elevato hanno una cintura simile.
Ad Arkei viene in mente che Tania, figlia dello sciamano e attuale compagna di Narvig, ha proprio una cintura con ornamenti di rame. È il momento di andare a cercare il giovane: ti dovrà dare una spiegazione!
Appena ti vede, Narvig cerca di allontanarsi, ma poi si ferma e col capo chino esclama: "Perdonami, Haran! Mi sono lasciato trascinare dall'orgoglio e ho commesso un atto che non avrei mai dovuto fare. Negli ultimi anni ho partecipato alle prove di coraggio senza mai riuscire a superarle. Allora ho pensato di vincere la gara cercando la forza nel talismano. Ho chiesto a Tania di aiutarmi e mentre stavo parlando con te, lei è entrata di nascosto nella tua capanna e l'ha portato via. Dopo la gara, te l'avrei sicuramente restituito."
Narvig s'interrompe e infila la mano nel marsupio, da dove estrae il talismano avvolto in una pelle di camoscio.
Sei talmente stupito dal racconto che pensi ad uno scherzo. Non trovi infatti alcuna ragione per giustificare un simile gesto. Poteva almeno chiedertelo e non sarebbe successo nulla! Narvig si inginocchia ai tuoi piedi e col capo chino chiede la giusta punizione.
Il sole sta per arrivare a metà del suo percorso, quando sulla soglia della capanna si presenta Tania e con le lacrime agli occhi ti chiede di aiutarla perché Narvig è scomparso dal villaggio.
Dopo il vostro incontro era molto agitato e le aveva detto di voler andare nella zona dei laghi per una breve battuta di caccia ma non è più tornato.
Le chiedi di lasciarti solo per riflettere sul da farsi perché l'offesa subita brucia ancora. Tuttavia sei il capo del villaggio e tocca a te organizzare le ricerche.

Il torrente, che scende dal ghiacciaio e che taglia il sentiero, oggi è gonfio d'acqua torbida; ha il tipico colore plumbeo della stagione calda. Più in alto la cima del Monte Tondo si tinge lentamente di rosa per l'arrivo del tramonto. È un'immagine suggestiva, ma ora devi concentrarti perché c'è un ostacolo da affrontare.
Quando con molte difficoltà raggiungi la sponda opposta, accendi immediatamente un fuoco per asciugare le pelli e scaldarti un po' perché l'acqua era davvero gelida!
Prima di riprendere il cammino, provi a lanciare alcuni forti richiami che echeggiano nella valle.
Solo quando raggiungi il secondo lago ti sembra di udire un flebile lamento provenire da un canalone. E' Narvig! Lo raggiungi e ti accorgi che ha una caviglia molto gonfia. Non è nulla di grave ma non riesce a camminare. È logico che non ce la farai mai a riattraversare il torrente con il ragazzo sulle spalle; metteresti in pericolo la vita di entrambi.
Quando giungi al torrente è quasi buio. Con grande fatica riesci ad attraversarlo senza farti travolgere dalla gelida corrente ma ora gli abiti sono freddi e non hai alcuna possibilità di accendere subito un fuoco.
Aumenti l'andatura, ma è troppo freddo per continuare e sei stanco. Le dita fanno fatica a muoversi e forti tremori ti attraversano il corpo. Cerchi un riparo per trascorrere la notte. Senti uno strano tepore. Gli occhi lentamente si chiudono.
La Signora della Vita ti accoglie nel suo mondo.

Il sentiero che porta a valle si percorre in breve tempo e appena raggiungete l’albero ricoperto di muschio giallo, Narvig si ferma e, indicando una pietra a coppelle vicino al fiume, esclama: "Laggiù ci attende una persona."
Con lo sguardo rivolto all’astro divino e seduto a gambe incrociate c'è il Vecchio Saggio, una figura mitica tra i Clan dei Monti, molto conosciuto e lodato per la sua sapienza. Sembra che stia ascoltando il placido scorrere dell’acqua. Ti avvicini lentamente per non disturbare la meditazione.
"Siediti qui accanto a me, caro Haran". Dice senza neppure voltarsi. "Ho percepito la tua presenza; stavo invocando Madre Natura perché protegga gli esseri viventi dai cattivi pensieri. Sedetevi qui accanto a me.” Così dicendo il Vecchio Saggio vi lascia un po’ di spazio per ascoltare le sue parole. “Tempo fa ho incontrato Narvig -racconta- e gli ho detto che avevo bisogno di parlarti e di tenere segreta la cosa perché era una confidenza molto importante che dovevo farti. Ora sono lieto che tu sia qui. Sono molto vecchio e attendo con pazienza che la Signora della Vita venga a prendermi. E' arrivato il momento di raccontarti la storia di Celia, la nostra amata sacerdotessa, regina della Luna Bianca.
Una volta, prima della sua morte, mi recai da lei. Era molto malata, non camminava più e viveva solo grazie al cibo portato dai cacciatori. Mi parlò a lungo dei suoi giorni migliori, ma la cosa che più mi stupì, fu quando mi confidò di avere un figlio! Come di certo saprai, a una sacerdotessa è concesso di partorire solo femmine; se nasce un maschio, questo viene immediatamente allontanato dalla madre e venduto ai Clan del Nord. Celia mi raccontò di aver tenuto nascosta la gravidanza grazie ai vestiti indossati e alla posizione un po' defilata della sua capanna rispetto alle altre; dopo pochi giorni decise di portare il bimbo dal suo grande amico Uran, lo sciamano, con la preghiera di allevarlo e di non ucciderlo. Uran vide quel bimbo sorridergli con uno sguardo così luminoso che non ebbe dubbi a tenerlo. L’avrebbe accudito come se fosse stato suo figlio e promise a Celia di non preoccuparsi. Il giorno dopo annunciò alle famiglie del clan l’arrivo del primo figlio maschio e in ricordo della madre incise i sacri simboli solari."
Ascolti con estrema attenzione e poi con una certa esitazione chiedi: "Maestro. Vorresti dire che quel bimbo abbandonato, figlio della grande sacerdotessa...... sarei io?"

Seduti uno accanto all’altro ascoltate con stupore le parole del Vecchio Saggio; anche il fiume sembra scorrere più lentamente, come se fosse rimasto anch’esso meravigliato dal racconto.
"Quando la Signora della Vita decise di portare Celia con sé, molte famiglie dei Clan dei Monti raggiunsero la soleggiata Conca per il tributo funebre. Non ricordo di aver mai visto tante persone. Molti arrivarono anche dai villaggi della pianura, portando offerte e doni. Attorno alla tomba -racconta, tracciando dei segni sul terreno- furono accesi quattro fuochi sacri: uno orientato verso le Pleiadi, un secondo verso l’astro divino, un terzo verso la grande stella e l'altro verso la luna nuova, proprio come i quattro raggi del simbolo solare. Ci furono molti sacrifici e prima di seppellire il corpo, altri animali furono sacrificati all'interno della tomba per pulire il terreno dagli spiriti malvagi. Alla fine furono deposti attorno al corpo gli oggetti rituali, su un lato venne eretta la pietra con il Foro dell'anima e il corpo venne coperto. Dopo cinque lune piene in suo onore il Clan della Conca eresse un menhir, l’unica sacra stele dedicata ad una donna.
"Guarda grande Uran, questi sono i quattro raggi del tuo tatuaggio. Sono uguali ai miei! -e mostrò la parte interna del braccio destro, indicando la croce quadrata - Chissà quante volte li hai visti sulle pietre a coppella! Siamo solo noi due ad averli. Dopo la mia scomparsa sarai tu a prendere il mio posto e a tramandare alle nuove generazioni i segreti degli antenati.” Il Vecchio Saggio si ferma a riflettere; poi, indicando il colle dove si tengono i sacrifici, prosegue: “A giorni ci sarà la cerimonia in onore della nostra divinità. Ci sarò anch’io e in quella occasione ti racconterò i segreti di Madre Natura."
Avresti ancora tante domande da fare, ma capisci che l'anziano ora è molto stanco. Avresti ancora tante domande da fare, ma capisci che l'anziano ora è molto stanco. Lo abbracci forte, mentre un sentimento di profonda tristezza traspare dal tuo viso.
Poco prima del tramonto, viste le dense nubi nere che si stanno concentrando sulle cime e visto che siete ancora molto lontani dal villaggio, decidete di costruirvi un riparo sotto la sporgenza di un grande sasso. Comincia a piovere. E’ una pioggia fitta, con tuoni e fulmini che cadono da ogni parte.
Arriva la notte ma la pioggia non smette di cadere. Per fortuna siete al riparo e non tardate a prendere sonno. Quando un sordo rumore di una frana vi sveglia all’improvviso, è troppo tardi. Un’enorme quantità di fango e sassi ricopre il riparo. La Signora della Vita vi accoglie nel suo mondo.